Pensione a 62 anni con 35 di contributi depositato alla Camera disegno di legge

In pensione prima, ma con penalizzazioni. Il ministro Enrico Giovannini ha ribadito anche ieri nell’audizione in commissione Lavoro alla Camera  (lo aveva già detto il giorno prima nell’omologa commissione in Senato) che il governo sta lavorando a questa ipotesi. Obiettivo: ripristinare un minimo di scelta sui tempi del pensionamento, in modo da liberare posti per i più giovani. Una flessibilizzazione che potrebbe tornare utile sia per una fetta di ”salvaguardandi” e anche nell’eventualità il governo volesse introdurre la norma sulla staffetta generazionale (sulla quale però ci sono perplessità, perché molto costosa).

Per ora si è ancora nella fase dello studio, dell’analisi dei dati. Un progetto definito ancora non c’è. Almeno non a livello governativo. C’è però una proposta di legge, già presentata nella precedente legislatura e ora nuovamente depositata in Parlamento a firma Damiano, Baretta, Gnecchi, Lenzi che prevede la possibilità di andare in pensione con 62 anni e 35 di contributi e una penalizzazione dell’8%.

A onor del vero, comunque, bisogna dire che anche la riforma Fornero prevede la possibilità di andare in pensione prima dei tempi canonici con delle penalizzazioni. Ma in tutto il 2012 solo 8.000 lavoratori hanno usufruito della pensione anticipata, secondo quanto riferito dall’Inps. E si badi bene che il dato non distingue tra chi è andato in pensione anticipata con tutti i requisiti e quindi senza penalizzazioni e chi invece ha accettato una decurtazione dell’assegno pur di uscire dal lavoro prima. Si tratta comunque di un dato che dimostra il crollo verticale dei pensionamenti non di vecchiaia. L’anno precedente, infatti, quando ancora esistevano le pensioni d’anzianità le posizioni liquidate furono circa 120.000.

TROPPI CONTRIBUTI
Il problema dell’attuale normativa è che per andare in pensione anticipata ci vogliono troppi anni di contributi: nel 2013 sono richiesti 42 anni e 5 mesi per gli uomini e 41 e 5 mesi per le donne. Se con questo monte contributivo si hanno già 62 anni di età, allora l’uscita anticipata è senza penalizzazioni. Per le donne lavoratrici del settore privato si tratterebbe davvero di un anticipo minimo: appena tre mesi (la pensione di vecchiaia nel 2013 si raggiunge a 62 anni e tre mesi). Non così per gli uomini che per la vecchiaia quest’anno devono avere un requisito anagrafico di 66 anni e tre mesi (quindi anticiperebbero di oltre quattro anni).

È consentito andare in pensione (con lo stesso monte contributivo) anche prima dei 62 anni: in questo caso scattano le penalizzazioni pari all’1% della quota di pensione calcolata con il sistema retributivo per ogni anno di età mancante tra i 60 e i 62, al 2% per ogni anno di età mancante ai 60. Gli esempi possono spiegare meglio. Un lavoratore di 60 anni e 42 anni e 5 mesi di contributi, subirà una decurtazione della quota di assegno pensionistico spettante con il calcolo retributivo del 2% (1%+1%); se invece ha soli 58 anni di età la decurtazione sarà del 6% (1%+1%+2%+2%). E così via. Le penalizzazioni non si applicano a chi raggiunge il requisito contributivo entro dicembre 2017 senza contribuzione volontaria o riscatti (valgono i contributi versati per prestazione effettiva di lavoro, quelli corrispondenti agli obblighi di leva, periodi maternità, infortuni, malattia e cig ordinaria). Per le donne c’è un’ulteriore possibilità: anticipare la pensione anche a 57 anni (più un anno di finestra) optando però per il calcolo interamente contributivo. Una opzione davvero poco conveniente (si stima una perdita media del 25% dell’assegno). Il numero ridotto di domande arrivate all’Inps nel 2012 per la pensione anticipata è chiaramente il segno che le maglie sono troppo strette.

LA PROPOSTA IN PARLAMENTO
In questo caso l’età minima per il pensionamento anticipato è fissato a 62 anni. Inoltre servono almeno 35 anni di contributi. Chi si trova in queste condizioni può chiedere la pensione anticipata con penalizzazioni (2% per ogni anno mancante ai 66). Il massimo quindi di decurtazione è pari all’8% (vedi tabella). La proposta prevede anche incentivi per chi decide di rimanere di più (con l’ok dell’azienda): +2% per ogni anno tra i 67 e i 70 anni di età fino a un massimo dell’8%.

fonte: http://www.ilmessaggero.it/ECONOMIA/pensione_disegno_di_legge_ipotesi/notizie/280170.shtml

 

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